Da Vinci in Lombardia – 500 anni dopo
“ Grandissimi doni si veggono piovere da gli influssi celesti ne’ corpi umani […] Questo lo videro gli uomini in Leonardo Da Vinci”
(Giorgio Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti)
Inizia così il Vasari scrivendo di Leonardo nelle sue Vite.
Ci siamo affidati a lui per poter raccontare del grande genio, districandoci nella vastità delle sue opere.
LA VERSATILITÀ E LA RICERCA DELLA PERFEZIONE
Ci consola una confidenza del Vasari, secondo la quale anche lo stesso artista mal conviveva con la sua versatilità. La sua inclinazione ad applicarsi a cose diverse nello stesso tempo e la sua continua ricerca di perfezione lo costringeva a lasciare incompiute molte imprese.
500 ANNI DOPO
A 500 anni dalla sua scomparsa (2 maggio 1519), proponiamo un racconto che contribuisca alla conoscenza di Leonardo e della Lombardia come luogo di formazione di un genio, ripercorrendo la sua produzione durante la sua permanenza in questa regione e partendo da ciò che maggiormante ci ha colpito: i suoi studi sul volo.
“Una volta che abbiate conosciuto il volo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché là siete stati e là desidererete tornare”
(Leonardo Da Vinci)
Chi di noi non ha mai sognato di volare?
Volare è libertà mentale, è allontanarsi dai problemi della Terra, per raggiungere una dimensione idilliaca di pace interiore.
Ma il volo è anche il diritto naturale di tutte le creature nate con le ali.
Per questo Leonardo andava nei mercati, comprava gli uccelli in vendita e li liberava dalle gabbie,“restituendoli la perduta libertà”. E osservando quelle ali prendere quota e perdersi nell’orizzonte, avrebbe fatto del volo il suo più grande sogno da realizzare per diventare “immortale” nella mente dei posteri.
DALLA BOTTEGA DEL VERROCCHIO AI MEDICI
Leonardo da Vinci (1452 – 1519) si formò nella bottega di Andrea del Verrocchio, a Firenze e da subito superò il maestro (“Il che fu cagione ch’ Andrea mai piú non volle toccare colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse piú di lui”. Vasari, Le Vite).
Dopo essersi distinto come artista e scienziato alla corte dei Medici, verso i trent’anni andò in cerca di fortuna al di fuori della sua regione natale.
MILANO
ALLA CORTE DEGLI SFORZA
Nel 1482 si presentò a Milano, alla corte di Ludovico il Moro, in qualità di musico, portando in dono una lira d’argento a forma di testa di cavallo, da lui stesso disegnata. “Superò tutti i musici, che quivi erano concorsi a sonare” (Vasari, Le Vite). Ma non era che l’antipasto di ciò che avrebbe mostrato durante il suo soggiorno a Milano e in Lombardia.
LA VERGINE DELLE ROCCE
(dipinto a olio su tavola trasportato su tela, 199 x 122 cm – 1483-86. Museo del Louvre, Parigi)
Molto intima la scena rappresentata nella sua prima commissione milanese, almeno quanto il paesaggio scelto come sfondo: uno scenario roccioso che protegge la palpabile emozione di quell’incontro. Doveva trovarsi lungo il corso dell’Adda, Leonardo, nei pressi di Paderno, in un punto in cui il fiume scorre tra rapide spumeggianti e imponenti rocce: i “Tre corni” che, secondo alcuni, avrebbe riprodotto sullo sfondo del dipinto. Peccato non fosse proprio quello che gli avevano chiesto i frati della Confraternita dell’Immacolata Concezione. L’interpretazione del soggetto proposta dall’autore fu definita eretica, poiché l’incontro tra il piccolo Gesù e Giovanni Battista è narrato solo dai Vangeli apocrifi. I frati non saldarono la somma pattuita.
E dire che, alle spalle della Vergine, aveva anche dato esempio della nuova
prospettiva aerea, già inaugurata nelle terre toscane. Sembrerebbe che l’artista, dato il mancato pagamento da parte della Confraternita, avesse venduto la tavola, ora al Louvre, al re di Francia Luigi XII, mettendo a disposizione, durante la lite giudiziaria, una seconda versione per i frati, ultimata con l’aiuto di allievi, ora alla National Gallery di Londra
(Vergine Delle Rocce, olio su tavola, 189,5 x 120 cm. – 1494-1508 – National Gallery. Londra).
Nei primi anni milanesi, si interessò agli studi di meccanica, alle invenzioni di macchine militari, approntò scenografie per feste di corte, e si dedicò ad alcune Madonne e a dei ritratti.
I RITRATTI E “I MOTI DELL’ANIMO”
“Come la figura non sarà laudabile s’essa non mostra la passione dell’animo”
(Trattato della pittura, parte terza.)
Non guardano l’osservatore i protagonisi dei suoi ritatti milanesi, così nel Ritratto di musico e nella Belle Ferronnière. Nemmeno la Dama con l’ermellino ci degna di uno sguardo, forse perchè “l’occhio è finestra dell’anima”, che per Leonardo “è una cosa che non si può vedere” (Codice Atlantico, a 119 v). E dire che tanto gli interessava il legame tra fisionomia e i moti dell’animo, cioè gli aspetti psicologici e le qualità
morali che trasparivano dalle caratteristiche esteriori. Forse anche per questo approfondì gli studi sul corpo umano, in cui fu fondamentale la collaborazione con l’anatomo Marc’Antonio della Torre all’Università di Pavia.
Ritratto di Musico – olio su tavola, 44,7 x 32 cm – 1485 – Pinacoteca Ambrosiana, Milano.
Belle Ferronnière – olio su tavola , 63 x4 cm – 1490-95 – Museo del Louvre di Parigi o Museo del Louvre di Abu Dhabi.
Dama con l’ermellino – olio su tavola, 1234 x 39 cm – 1488-90 – Museo Nazionale di Cracovia.
PAVIA
IL CANTIERE DEL DUOMO e LA STATUA DEL REGISOLE
A Pavia Leonardo fu chiamato da Ludovico il Moro nel 1490 per un consulto sul cantiere del Duomo. I suoi studi sulla cattedrale pavese sono conservati nel Codice Atlantico, in cui descrive anche la statua del Regisole, che prenderà a modello per l’imponente monumento equestre a Francesco Sforza mai portato a compimento.
I DISEGNI DELLA CITTÀ ANTICA
Sono impressionanti le analogie tra alcuni disegni del Manoscritto B, che sembra essere redatto quasi per intero a Pavia, e la memoria di alcuni tradizionali mestieri di fiume praticati su Po e sul Ticino. Dai quei disegni si può ricostruire parte dell’antica città di Pavia di cui non rimangono nemmeno le rovine, come l’anfiteatro di Teodorico e la chiesa di Santa Maria delle Pertiche.
Manoscritto B – 23 x 16 cm. Fogli 95. 1487 – 1489. Institut de France. Parigi
IL CASTELLO VISCONTEO
Durante il soggiorno pavese, Leonardo rivolge la sua attenzione al Castello, dimora dei Duchi Gian Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona, conducendo alcuni lavori di ingegneria, tra cui l’invenzione di una chiave che permetteva di portare l’acqua calda nel bagno della duchessa.
GLI STUDI DI ARCHITETTURA, DI ANATOMIA E L’UOMO VITRUVIANO
In questo periodo legge per la prima volta il De architettura di Vitruvio nella rielaborazione in volgare di Giorgio Martini. Il grande genio, infatti, non conosceva il latino e per questo, con grande rammarico, si definiva “omo sanza lettere” (Codice Atlantico, foglio 119, v). È datato 1490 il celebre disegno dell’Uomo vitruviano, messo in relazione con gli studi sulle proporzioni del corpo umano e suoi disegni sugli edifici religiosi pavesi a pianta centrale. E’ probabile che il simbolo inciso sulle monete da 1 euro sia stato disegnato proprio in questa città.
IL CAVALLO DI LEONARDO
Tornato a Milano, Leonardo portò avanti il progetto di un monumento equestre a Francesco Sforza che Ludovico il Moro voleva dedicare alla memoria del padre.
Diverse furono le versioni a causa delle dimensioni colossali, che rendevano estremamente difficile l’impresa della fusione, per l’ingente quantità di bronzo necessaria. Quel metallo fu però utilizzato per la fabbricazione di armi, causa l’ imminente calata di Carlo VIII di Francia in Italia, vanificando così il progetto di Leonardo.
Oggi di fronte all’Ippodromo di San Siro un maestoso cavallo bronzeo, ispirato al suo disegno, rende omaggio a quell’audace idea di realizzare la statua equestre più grande del mondo e ne detiene tuttora il primato.
I NAVIGLI
Nell’ambito delle invenzioni idrauliche, a Milano Leonardo perfezionò il
funzionamento delle conche, con l’invenzione della chiusura a doppie porte ad angolo e col sistema, ancora oggi usato, della ventola a braccia disuguali, come nella Conca dell’Incoronata, che connetteva il Naviglio Martesana alla cerchia dei Navigli.
“Nessun canale che esca fori dà fiumi sarà durabile se l’acqua del fiume, donde nasce, non è integralmente rinchiuso, come il canale di Martigiana, e quell che esce di Tesino” ( Codice Hammer, 31 v.)
Codice Hammer o Codice Leicester – 29 x 22 cm. Fogli 36. 1506 – 1510. Collezione privata di Bill Gates.
VIGEVANO
GLI STUDI IDRAULICI
Fu proprio in qualità di ingegnere alle acque che Leonardo si recò a Vigevano, realizzando, per volere di Ludovico il Moro, un’ingegnosa opera di bonifica sulla base dei suoi progetti idraulici. Soggiornò presso il Colombarone, primo modello di cascina lombarda, in località Sforzesca, curandone i lavori di ristrutturazione.
“Adì 2 di febraio 1494 alla Sforzesca ritrassi scalini 25 di 2/3 di braccio l’uno largo braccia 8” (Manoscritto H, foglio 65 v).
Manoscritto H – 10,5 x 8 cm. Fogli 142. 1493 – 1494. Institut de France, Parigi
IL MULINO DI MORA BASSA
A Vigevano Leonardo osservò il movimento dei mulini.
“Se una ruota mette in moto una macchina, non ne può mettere in moto due senza impegnare maggior tempo; così la medesima ruota può ben far girare un numero infinito di macchine, ma ci metterà più tempo, e quelle macchine tutte insieme non faranno più lavoro che la prima macchina in un’ ora”. (Manoscritto H, foglio 30 r)
Il Mulino di Mora Bassa, di epoca quattrocentesca, è dotato di due grandi ruote idrauliche che rimandano alle conoscenze vinciane, e ospita una mostra sulle macchine, perfettamente funzionanti, ideate da Leonardo nei suoi schizzi e riprodotte dai modellisti Dario Noè e Gabriele Niccolai.
Ludovico il Moro arrivava da Milano per incontrarsi proprio qui, tra le tranquille campagne dell’Est Sesia, con la sua amante Cecilia Gallerani, la famosa Dama con l’ermellino.
LA CITTÀ IDEALE
Leonardo rimase talmente affascinato da Piazza Ducale e dal Castello Sforzesco, collegato alla città anche tramite una strada coperta e una sotterranea, che li prese come modello per il suo progetto della città ideale, una città su più livelli, attraversata da canali e dotata di aree sotterranee utilizzabili. Le Scuderie Ducali, ricordano i suoi disegni per la “polita stalla”, citata nel Manoscritto B e nel Codice Atlantico.
IL CENACOLO
(tecnica mista a secco su intonaco, 460 x 880 cm, 1494 – 1498. Refettorio del convento adiacente la Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Milano)
Nel 1494 ricevette una nuova commissione, legata al convento di Santa Maria delle Grazie, luogo caro al Moro.
Era ormai da tempo alla Corte del Duca, e doveva tenere molto a questo dipinto; il Vasari racconta che in quei quattro anni di lavoro l’artista dipingesse per giorni, dimenticandosi addirittura di mangiare. Superò le aspettative il pittore fiorentino, mostrando ancora una volta a Milano quella cosa chiamata prospettiva. Ma non era abbastanza: gli sguardi, le espressioni avrebbero dovuto comunicare lo sgomento, lo stupore, l’imbarazzo degli Apostoli intorno a quel Cristo tradito da uno di loro.
GLI ERRORI NELLA SCELTA DELLA TECNICA
Leonardo aveva bisogno di tempo: non scelse la tecnica dell’affresco, ma stese il colore direttamente sull’intonaco asciutto, per poterci così ritornare più volte, curando i dettagli. La perfezione del Cristo era però irraggiungibile, per questo lo lasciò incompiuto “non pensando poterle dare quella divinità celeste, che a l’imagine di Cristo si richiede” (Vasari, Le Vite). Ma come Giuda tradì Gesù in quella cena, la stesura a secco tradì il suo autore in quel dipinto, deteriorandosi a tal punto che nel 1566, dopo solo 70 anni dalla realizzazione, il Vasari in visita a Milano scrisse “non si scorge più nulla se non una macchia abbagliata”.
Solo le abili mani di esperti restauratori, dopo intensi lavori, ci hanno restituito quel capolavoro, riconosciuto dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità, e che oggi la città mostra orgogliosa.
LA SALA DELLE ASSE
(pittura a tempera su muro, 1498, Torre Falconiera, Castello Sforzesco. Milano)
Nel 1498 Ludovico il Moro fece liberare una sala della Torre Falconiera nel Castello Sforzesco, perchè venisse decorata dal maestro fiorentino.
Nella Sala delle Asse Leonardo scelse le piante di gelso come soggetto di un
programma iconografico per celebrare il potere del Duca, la colonna degli Sforza, come simboleggiato dai tronchi della pianta, raffigurati in robuste colonne. Il gelso, in latino morus, era la più saggia delle piante secondo Plinio Il Vecchio, oltre che alimento del baco: un evidente rimando alla figura del Moro e alla sua saggezza, e un omaggio alla produttività economica degli Sforza che avevano incrementato la produzione della seta.
Non poteva mancare un pensiero a Beatrice, la sua giovane sposa, scomparsa un anno prima: un intreccio di corde dorate e lo stemma delle famiglie Sforza ed Este ricorda la loro consolidata unione, ma quegli intrecci, conosciuti come “nodi vinciani” sono anche un nostalgico ricordo delle ceste intrecciate di vimini prodotte a Vinci, e costituiscono un motivo ricorrente nell’arte di Leonardo, che mai dimenticò la sua infanzia nel borgo natale.
LEONARDO SULL’ADDA
Dal 1499 Da Vinci soggiornò in più periodi a Vaprio d’Adda, dove gli venne affidato il giovane Francesco Melzi, l’ultimo e il più caro dei suoi allievi, che lo seguì fino alla fine. E’ da Villa Melzi, dove Francesco ricoverò tutti i disegni lasciatigli in eredità, che i manoscritti hanno viaggiato nei secoli successivi verso i più importanti musei del mondo.
LE CONCHE E IL TRAGHETTO DI LEONARDO
Sul fiume Adda è ben visibile il sistema delle conche perfezionato da Leonardo. A ricordarlo, l’ecomuseo curato dal Parco Adda Nord e la ricostruzione di una imbarcazione che appare in un disegno oggi conservato nella Raccolta dei Windsor: un traghetto a mano che sfrutta il moto della corrente con un sistema a fune fissa tra le due rive opposte del fiume, unendo i moli di Imbersago e Villa d’Adda.
Raccolta Windsor – non rilegato, 1478 – 1518. Royal Library, Castello di Windsor.
LE RAPPRESENTAZIONI DELLE VALLI
All’epoca del suo soggiorno a Vaprio d’Adda, risalgono le rappresentazioni
cartografiche della Valle Brembana, della Valle Imagna, della Valle Camonica e del Lago d’Iseo, anche’esse nella Raccolta Reale dei Windsor (fogli 12673 e 12674) e ci lasciano senza parole per l’accuratezza con cui sono state stese, considerati i mezzi dell’epoca. In Valchiavenna rimase colpito dalle cascate create dal fiume Acquafraggia, che citò nel Codice Atlantico: “su per detto fiume si trova chadute di acqua di 400 braccia le quali fanno belvedere”.
MANTOVA
La corte di Mantova non faceva per lui: nel 1499 non si trattenne per molto in quella città, nonostante le lusinghe di Isabella d’Este, che voleva fare di Leonardo il pittore di corte, sostituendo l’anziano Mantegna. Isabella gli commissionò un ritratto, dopo essere stata affascinata dalla Dama con l’ermellino, ma non fu mai portato a termine; ciò che ne rimane è il cartone preparatorio, ora conservato al Museo del Louvre. Un dipinto da alcuni attribuito a Leonardo e che ritrae la marchesa, è stato tuttavia
rinvenuto in un caveau svizzero nel 2013: che fosse quello il ritratto tanto desiderato da Isabella?
Ritratto di Isabella d’Este – carboncino, sanguigna e pastello giallo su carta , 63 x 46 cm. 1499-1500. Museo del Louvre, Parigi
LA GIOCONDA
Alla pianura lombarda si collega anche l’opera più importante di Leonardo, dipinta ad olio su una tavola lignea di pioppo bianco lombardo. Non si può rendere omaggio al grande genio, senza parlare di lei: la Gioconda. La regina del Louvre e il ritratto più famoso della storia. Eppure, a dispetto di tanta fama, resta incerta l’identità della donna ritratta. La più azzardata ipotesi è che la Gioconda sia un autoritratto dello stesso Leonardo. Secondo il Vasari, il quadro, dipinto tra il 1503 e 1506, rappresenterebbe, invece, la moglie del mercante fiorentino Francesco del Giocondo, ovvero Lisa Gherardini. La Gioconda è nota anche come “Monna Lisa”, dove “monna” è diminutivo di “Madonna”, appellativo che in epoca rinascimentale corrispondeva all’odierno signora.
Immagine Fotografata all’Interno del Mulino di Mora Bassa da riproduzioni stampate.
INCOMPIUTA E MAI CONSEGNATA
L’opera rimase incompiuta e Leonardo non lo consegnò mai al committente, ma la tenne con sè durante i suoi spostamenti poichè vi si era affezionato in maniera morbosa. Fu lui a portarla in Francia, nel 1517 quando si trasferì per trascorrere gli ultimi anni di vita al servizio di Francesco I, vendendola al re per ben 4000 ducati d’oro, l’equivalente di due anni del suo stipendio. In seguito Luigi XIV la volle a Versailles, mentre Napoleone la fece appendere nella sua camera da letto. Nei restanti periodi il ritratto fu sempre al Louvre. Il quadro, di dimensioni 77 per 53 centimetri, è stato nel tempo oggetto di tributi, parodie , ma anche vandalismi e persino di un clamoroso furto.
IL SUO MISTERO
Lo storico dell’arte Charles de Tolnay (1899-1981) scrisse: “Prima di lui, nei ritratti manca il mistero; gli artisti non hanno raffigurato che forme esteriori senza l’anima […] la Gioconda emana un enigma: l’anima è presente ma inaccessibile”.
IL SUO SORRISO
Di questa tela, colpisce soprattutto l’espressione della donna, che accenna un sorriso enigmatico, che cambia a seconda del punto di osservazione. Tante le interpretazioni dei critici in merito.
A noi piace pensare che avesse ragione Sigmund Freud: per lui quel sorriso
conturbante sarebbe un ricordo di Caterina, la madre dell’artista fiorentino e l’unica donna da lui veramente amata.
IL CODICE ATLANTICO
(64,5 x 43,5 cm. Fogli 1119. 1478 – 1518. Biblioteca Ambrosiana, Milano)
Tanti i disegni e gli scritti vinciani che Milano conserva come reliquie. La Biblioteca Ambrosiana ne vanta la più ampia raccolta: il Codice Atlantico, chiamato così per le dimensioni estese del volume che appunto somigliava ad un atlante. 1119 fogli autografati che affrontano vari argomenti: da schizzi per opere pittoriche aricerche di matematica, astronomia e architettura, anatomia, botanica, chimica, geografia, da meditazioni filosofiche a favole e ricette gastronomiche, fino a curiosi e avveniristici progetti di marchingegni come pompe idrauliche, macchine per scendere
sul fondo del mare o per volare.
Immagine Fotografata all’Interno del Mulino di Mora Bassa da riproduzioni stampate.
IL CODICE TRIVULZIANO
La Biblioteca del Castello Sforzesco di Milano conserva il Codice Trivulziano, 55 fogli databili tra il 1478 e il 1490 con disegni e note, tra i quali studi di caricature, studi per il Duomo milanese e studi di architettura militare.
MUSEO DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA “LEONARDO DA VINCI”
Per celebrare i cinquecento anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, il Museo espone le due collezioni con cui ha aperto al pubblico il 15 febbraio 1953.
La mostra temporanea Leonardo Da Vinci Parade, curata e realizzata dal Museo, mette in scena una ricca selezione degli spettacolari modelli realizzati negli anni ’50 interpretando i disegni di Leonardo e affreschi di pittori lombardi del XVI secolo, concessi in deposito nel 1952 dalla Pinacoteca di Brera. Accanto alle macchine sono esposti modelli di architetture militari e civili in gesso e terracotta, restaurati negli
ultimi anni e da tempo non visibili. La mostra è un accostamento insolito tra arte e scienza in un percorso inedito che attraversa i diversi campi di interesse e studio di Leonardo, valorizzando la collezione storica del Museo, la più importante al mondo. Chissà con che occhi curiosi Leonardo avrebbe guardato i numerosi modelli esposti in questo museo e realizzati sulla base dei suoi manoscritti. Di certo sarebbe stato fiero di sapere che il più grande museo scientifico e tecnologico italiano porta il suo nome.
GLI ULTIMI ANNI
Nel 1517 Leonardo partì per la Francia, insieme a Francesco Melzi e ad un suo servitore, alla corte di Francesco I, sovrano colto e raffinato.
Fu onorato del titolo di primo pittore, architetto e ingegnere del re.
Era ormai anziano e non sappiamo se sentisse che la sua vita era quasi al termine. Sta di fatto che quell’uomo, che un tempo ritraeva uccelli in volo, aveva iniziato a disegnare la fine del mondo. Aveva anche venduto l’opera a lui più cara, quella che per anni aveva morbosamente tenuto con sè.
Scrisse le sue volontà il 23 aprile 1519. Morì pochi giorni dopo, il 2 di maggio, come se anche la sua scomparsa fosse parte di un preciso progetto, inspiegabilmente in linea con quella logica che aveva sempre ricercato durante la sua vita.
Eppure per noi questo fatto ha dell’incredibile, come tanti aneddoti che avvolgono la sua figura, le sue opere, e addirittura le sue spoglie, trafugate e poi ritrovate. Forse.
Oggi una tomba ad Amboise conserva i suoi presunti resti. Per alcuni sarebbe addirittura vuota.
Ci sono cose che sfuggono alla mente umana.
Noi li chiamiamo misteri.
“molto meglio è studiare quelle cose che si possono conoscere con l’esperienza, poiché solo l’esperienza non falla. E laddove non si può applicare una delle scienze matematiche, non si può avere la certezza”.
(Leonardo Da Vinci – Codice Atlantico).
Testo di Scilla Nascimbene
Foto – ©Matteo Marinelli e ©Scilla Nascimbene
La R.T. EARTH ringrazia per la collaborazione e la disponibilità le strutture che ci hanno ospitato:
Mulino di Mora Bassa – Vigevano
Palazzo Ducale – Vigevano
Castello Visconteo/Sforzesco – Vigevano
Info Point Turistico Città di Vigevano
Castello Visconteo – Pavia
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci – Milano
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